Questa vita è un viaggio meraviglioso, non una vacanza da brivido.
Non inseguire il piacere, esso ti renderà schiavo.
Impara a scoprire te stesso, non vi è altra fonte di Felicità.
Questa vita è un viaggio, questo significa che non è importante la destinazione a cui giungerai, ciò che conta è se sarai pronto e aperto alle esperienze che, ogni giorno, la vita ti porrà innanzi.
Il fine della vita è vivere, non morire. Tutti noi prima o poi moriremo, non è importante il quando ma come vi arriveremo. Ciò che farà la differenza sarà proprio il come avremo vissuto, giorno dopo giorno…
Dobbiamo riflettere su queste parole perché la nostra cultura, e il modello educativo insito in essa, veicola un modo di vedere la vita che si scontra con questa consapevolezza.
Ai nostri figli diciamo che devono prendere buoni voti; alla fine di ogni ciclo scolastico vi è un esame che assume il valore di “momento sommo” e che prende il posto dell’esperienza vissuta sino a quel momento. Il voto della maturità è ciò che ci permette di entrare meglio all’università, il voto della laurea è ciò che viene tenuto in conto quando si cerca lavoro free viagra sample pack. Il “merito”, così tanto ricercato nella nostra contro-riforma, diviene un elenco di numeri che prendono il posto della persona. Il curriculum un insieme di fredde esperienze che dovrebbero essere espressione di valore e capacità. Nell’epoca della materialità ci si attesta sulla superficie lasciando solo il vuoto a un livello più profondo.
Ogni bambino viene inserito in un percorso di crescita che assomiglia sempre più a un tunnel scandito da esami: non importa chi sia, non importa quello che accade giorno per giorno, quello che conta è il voto dell’esame finale, quello che conta è che compia tutti i passi necessari per dirsi adeguato alla società. Il suo premio, forse, sarà che potrà guadagnare i soldi per riuscire a vivere, a comprare oggetti che lo facciano sentire “al passo con i tempi”, a comprare esperienze e sostanze che lo riempiano di emozioni, così da fargli credere di vivere una vita piena, perché il vuoto che promulghiamo con una tale educazione deve pur essere colmato con qualcosa: ruoli, cene, sesso, potere, sport, oggetti, vacanze, ecc…
Questo tunnel trova il proprio termine nell’evento della morte. Purtroppo questo modo di vivere ci conduce a una fine che non può che esser vista come ingiusta e prematura dato che non ci prepara ad accoglierla.
Finito l’asilo ci sono le elementari, finite le elementari le medie, finite le medie le superiori, finite le superiori l’università, finita l’università la specializzazione, finita la specializzazione il lavoro… e poi bisogna comprare casa, sposarsi, fare figli, mettere dei soldi da parte per permettergli un futuro in una società in cui lo stato non persegue più il benessere del cittadino ma si arricchisce sulle spalle di esso. Anche il modello economico che seguiamo, e che abbiamo creato, si basa sulla crescita materiale, crescita infinita anche se viviamo su un pianeta dalle risorse finite, anche se noi siamo i primi ad avere dei limiti che si concretizzano con la morte.
Tutto ciò non può che avere delle conseguenze negative sugli esseri umani che si apprestano a evolvere nel mondo, con il mondo.
L’attenzione alla superficie e al materiale promuove un “vuoto” profondo che si manifesta a livello mentale con ansia e insicurezza, oppure, all’opposto, arroganza e spietata determinazione. Siamo tutti in lotta per sostenere noi stessi come giusti e validi, su Facebook esprimiamo i nostri giudizi e li sosteniamo creando fazioni avverse che si scontrano, piuttosto che collaborare umilmente per cambiare le cose, ascoltare e riflettere per migliorarci e migliorare il mondo attraverso l’incontro con “l’altro”, con il “diverso”.
In questa lotta che avviene di fretta, fuori da qualsivoglia consapevolezza, perdiamo la bellezza del Presente, unico tempo che ci è dato di vivere.
La nostra mente è sempre preoccupata per il futuro o appesantita dal passato, anche se, passato e futuro, rappresentano ciò che è già stato e ciò che sarà, “tempi” su cui non possiamo avere un ruolo “attivo”.
Non gioiamo più per le albe e i tramonti, non godiamo del freddo inverno come momento per stare con noi stessi, rilassarci, leggere e sviluppare le nostre passioni. Abbiamo bisogno di uscire e svagarci, così da non sentire quel vuoto che ci portiamo dentro e che mai ci lascerà se non comprendiamo che esso è frutto del nostro stesso modo di camminare, di vederci e vedere la vita.
Quando un musicista suona non pensa né alle note già suonate né alla fine della composizione. Semplicemente gode del suo suonare nel momento Presente.
Il fine della vita non è arrivare da qualche parte, raggiungere un ruolo sociale o un certo “conto in banca” ma vivere.
Vivere significa essere aperti a quello che ci pone innanzi il Presente, arrenderci ad esso nella consapevolezza di essere solo una piccola parte, dalla limitata comprensione cognitiva, di questo tutto in cui siamo immersi. Non è possibile arrendersi senza avere fiducia in se stessi, così da vedere l’incertezza come possibilità di crescita e non come problema da evitare.
Per aver fiducia in se stessi bisogna fare esperienza di ciò che siamo, non cercare di dimostrarci validi, attraverso possedimenti e riconoscimenti famigliari e sociali, e vivi grazie ad emozioni superficiali. A poco servon quindi i buoni voti, i “bravo” che ci vengon espressi per essi, l’euforia del momento e il breve appagamento del desiderio.
Per fare esperienza di se stessi bisogna avere il tempo per annoiarsi così da riempire il proprio tempo con “quello che abbiamo dentro”, così da poterlo scoprire e conoscere.
Dobbiamo darci il tempo di stare fermi e ascoltare il silenzio. E’ questo tempo la vera ricchezza di un uomo perché solo grazie ad esso si può giungere a se stessi.
Se non ci abituiamo a stare in silenzio con noi stessi difficilmente potremmo riuscire ad ascoltarci e a sentirci, oltre le nostre parole e le parole altrui.
La nostra società persegue un modello che mira ad occupare continuamente il tempo demonizzando la noia, il silenzio e la solitudine. Il risultato è, quindi, una non conoscenza di se stessi, un’apparente profondo vuoto. Apparente perché nessuno di noi è realmente vuoto. Nessuno lo può essere ma, se non si cammina sulla strada della vita ricercando la consapevolezza di se stessi, ci si ritrova a fare tante cose senza sapere veramente perché. Senza questa, unica e sola degna di esser chiamata conoscenza, siamo solo il risultato automatico e inconsapevole di un vissuto. Il nostro agire diviene l’antidoto al vuoto che celiamo nel profondo, il contrappeso di una noia che è solo espressione della distanza dal proprio cuore.
Così viviamo correndo, criticando, riempiendoci di impegni, oggetti ed esperienze emozionanti ma, alla fine, nel momento in cui ci ritroviamo fermi e soli, sentiamo crescere una certa tristezza.
La soluzione, il più delle volte, è quella di non permettersi di fermarsi mai, di tornare a correre sino a morire senza sapere perché siamo vissuti.
Se la società ci induce in questa direzione non possiamo però che constatare che la società è espressione di quegli uomini che la compongono, che la società siamo noi e che la responsabilità è nostra. Quindi, se vogliamo cambiarla, dobbiamo cambiarci.
Possiamo far finta di nulla, non pensarci e continuare ad allontanarci dalla sofferenza che proviamo ma, così facendo, non saremo mai veramente Felici. Possiamo riempirci di emozioni, vacanze ed esperienze, oggetti e trascendenze, ma tutto questo lenirà solo in parte la sofferenza che sentiamo nel profondo e, quello che è certo, ci trasformerà in persone che dipendono da tali esperienze per non rischiare di cadere nel vuoto di noi stessi.
La vita è un viaggio meraviglioso, non una vacanza da brivido.
Ricerca nel tuo Presente te stesso, ciò che ti rende veramente Felice, e nessun accadimento potrà farti cadere.
Il vento strappa le foglie dai rami ma non sradica l’albero dalla terra…