La Serenità è uno stato dell’Essere, un modo di camminare che ci può accompagnare in qualsiasi azione o pensiero. Non possiamo sforzarci ad essere sereni, obbligarci a pensare positivo e a comportarci altruisticamente. Non possiamo perché la maggior parte del nostro funzionamento mentale-corporeo è automatico e inconsapevole. Ne risulta quindi che i nostri sforzi a obbligare la mente cosciente a dei determinati modi risulteranno in gran parte vani e frustranti.
Ciò che a noi appare essere la mente cosciente, l’Io o qualsivoglia concetto con cui cerchiamo di indicare ciò che ci sembra essere “noi stessi”, “la nostra psicologia consapevole”, è espressione di un funzionamento automatico e inconsapevole che si è strutturato nel nostro evolvere, da quando siamo stati concepiti al momento presente. Non è possibile cambiare un tale funzionamento “profondo” attraverso l’azione diretta della mente cosciente perché essa è solo un aspetto superficiale del nostro funzionamento, espressione di esso. Seguendo una metafora potremmo dire che, anche se recandoci dal medico ci accorgiamo che il nostro male al ginocchio è causato da una postura e deambulazione scorretta, non basterà dirci “da adesso camminerò e adotterò una postura diversa” perché, per cambiare questi aspetti dovrò cambiare il funzionamento delle articolazioni, dei tendini e dei muscoli, delle connessioni cerebrali, ecc. Un tale cambiamento richiede un esercizio e uno sforzo ben più rilevante che il semplice darsi un comando a livello cosciente.
L’unico mezzo che ci permette di modificare il nostro funzionamento profondo, o coerenza, è quello che passa per la consapevolezza. Essere consapevoli, Presenti al nostro funzionamento (presente, passato, futuro) è l’unica via che ci è data per conoscere noi stessi e raggiungere la Serenità.
La via della consapevolezza è una via varia e multiforme, non un procedimento strutturato e organizzato a priori. Ognuno deve compiere la propria strada, ma solo se si fermerà ad osservarla e cercherà, da questa meditazione su essa, di comprendersi e quindi accettarsi, potrà assaporare i frutti della Libertà e della Serenità.
La via che prediligo è quella che maggiormente si accosta al mio essere cresciuto in una cultura occidentale, con i suoi vizi e i suoi limiti, oltre alle sue comodità e semplificazioni. La psicoterapia è un mezzo per raggiungere la consapevolezza di sé ma non è un qualcosa che può essere subito dal soggetto, esso deve essere partecipe ed essere disposto ad imparare un certo modo diverso di guardare a se stesso che richiede un certo sforzo e una certa determinazione. Il più delle volte una tale energia viene promossa dalla sofferenza che la persona vive ma, non sempre, tale spinta è sufficiente. Sicuramente, se insegnassimo ai bambini questo modo di guardare a se stessi, il silenzio, la meditazione e altre tecniche, non vi sarebbe bisogno di psicoterapeuti. Purtroppo leggendo la storia sappiamo bene che, per l’essere umano, apprendere dalla propria auto-osservazione è facoltà possibile ma difficile da mettersi in atto senza una forte motivazione.
Il difficile è che, anche una tale motivazione, oltre che dalla sofferenza, deve essere accompagnata dalla consapevolezza. Nella nostra vita siamo spinti a compiere molte azioni e pensieri sulla base di futili motivazioni. Tali motivazioni appaiono però futili solo se si inizia a percorrere la strada della Presenza.
Spendiamo la nostra vita inseguendo obbiettivi per di più legati al nostro bisogno di sentirci “qualcuno degno di valore”. Evolvendo in una cultura materialista e fondata sull’immagine la spinta ad “affermarsi” prende la forma del contesto in cui si sviluppa e induce noi esseri umani a ricercare soddisfazioni superficiali e consumistiche. E’ inevitabile, è nella nostra natura adattarci per riuscire a sopravvivere. Il problema è che, in una tale cultura, l’essere umano perde di consistenza e spessore per ridursi al mezzo che permette al sistema di permanere in un certo equilibrio: è facile constatare come, a livello globale ma anche individuale, l’economia guidi le scelte dell’uomo. Se siamo abbastanza umili da riconoscerlo possiamo vedere come, in qualche modo, il nostro pensare al valore economico sia continuo e costante.
I social network ci hanno permesso di creare un’immagine di noi stessi artificiale e superficiale, ma rappresentativa, il che ci induce a ritenere che essa sia qualcosa di importante per il nostro sentirci “validi”. Inoltre, ben più difficile e facoltoso risulta Essere piuttosto che apparire.
Una serie di aspetti e caratteristiche che richiederebbero molte e molte pagine per essere analizzati tutti in modo degno se non esaustivo. Lasciamo quindi questo compito a ognuno di noi: poter osservare i condizionamenti della propria mente, le ragioni, inconsapevoli e non, che muovono i propri comportamenti, le relazioni che intercorrono fra il nostro modo di vederci e la cultura in cui siamo evoluti. Nonostante la probabile infinitezza dei diversi punti di vista dobbiamo comunque arrivare a concludere che abbiamo perso di vista il valore di questa vita inseguendo bisogni e desideri indotti, funzionali a mantenere un nostro personale equilibrio, che, purtroppo, anche se ci fa stare in piedi non ci risparmia una grande sofferenza e stress.
La motivazione che spinge l’uomo a ricercare la serenità sulla strada della consapevolezza nasce dall’aver compreso che nessuna soddisfazione che traiamo dall’esterno è realmente profonda e duratura e che, per quanto le sensazioni che ne derivino possano essere piacevoli, la dipendenza da esse per poterci sentire felici ci mantiene prigionieri e ancorati in un porto ben distante dal mare aperto dei nostri profondi sogni.
Viviamo pensando che saranno le vacanze, la macchina, l’i-phone, le serate, le donne (o gli uomini), a renderci felici… ma intanto continuiamo a vivere una vita frustrante che ci opprime e non ci fa sentire pienamente realizzati. Non saranno le vacanze, la macchina, l’i-phone, le relazioni o il lavoro a renderci felici, essi sono solo le scuse che ci diamo per esserlo o non esserlo.
La serenità è un obbiettivo esito di un processo, spesso lungo e graduale, anche se a volte punteggiato da grandi balzi, che ci conduce prima a coglierci come espressione di un funzionamento inconsapevole e automatico, poi a renderci primi attori e creatori della nostra vita, nella Libertà che ci è propria.
Non vi è senso più degno che dare il proprio senso alla vita… Per questo dobbiamo imparare a conoscerci nel profondo. Solo scoprendoci potremmo trovarci.
Permettersi di stare in silenzio in un luogo naturale, ascoltare il cinguettio degli uccellini, la melodia creata dall’incontro del vento con le frasche degli alberi, il calore del sole e la fredda carezza del vento… tutto ciò può ricondurci a quello che siamo. Siamo parte di questa vita, né più né meno. Il nostro “protagonismo” è frutto solo dell’ignoranza riguardo la nostra vera natura. La paura, se non accolta e affrontata, ci domina, e cinge la nostra azione nella finta sicurezza dell’abitudine. Ci aggrappiamo al controllo e al possesso di un qualcosa che non potremmo mai controllare e possedere. La nostra stessa vita non ci appartiene e non dipende da noi quello che siamo, l’unica cosa che dipende da noi è la realizzazione della possibilità di Esserlo.
Perché dovremmo mai metterci in questo difficile compito? Perché la serenità è dolce frutto che può esser colto solo se si è se stessi, solo se si spende questa vita nella propria ricerca sulle strade ove essa conduce. Abbiamo una possibilità, una grande possibilità. Possiamo sprecarla continuando a correre senza sapere neanche bene perché, oppure fermarci e raccoglierci i silenzio… permetterci la nostra sofferenza e le sue ragioni, imparare a conoscerci e ad amarci… così da liberare i nostri cuori e le nostre menti da quello che ci appesantisce e permettere alla vita di colmare la coppa del nostro desiderio…