IL VECCHIO E IL BAMBINO (Parte 3)
“Qualche anno era oramai passato… L’Uomo e il ragazzo avevano percorso molte strade, attraversato oceani e varcato monti. Talmente tante miglia erano passate sotto i loro piedi che anche il ragazzo non sentivano più il bisogno delle scarpe per camminare. Non avevano molto con sé, un piccolo fagotto con una ciotola, un coltello, una pietra focaia, una coperta che fungeva da ristoro notturno e da abito invernale, una tunica marrone e null’altro. Sino a quel momento la solidarietà delle persone dei villaggi era bastata a mantenere in vita i due viandanti. Quando non erano gli uomini a provvedere ai loro bisogni vi era la natura. Lepri, conigli, pesci, uccelli e piante si ponevano sul loro cammino come per ricordargli che chi procede sulla strada della consapevolezza non sarà mai lasciato solo. Più volte questa strada aveva riservato loro le angustie della vita. Piogge torrenziali, malattie, frane, freddo e caldo avevano scosso la quiete del loro passo ma mai una volta il ragazzo aveva sentito l’uomo lamentarsi.
“Ogni difficoltà che vivi è un momento in cui, se sarai capace di ascoltare, potrai apprendere qualcosa in più su te stesso e sulla vita”.
Questo aveva detto l’uomo al ragazzo quando, scivolato giù per un dirupo, si era procurato una frattura a una gamba. Nessuno sconforto aveva segnato il suo viso. Nessuna recriminazione. Il ragazzo soffriva perché, a causa della sua disattenzione, il viaggio si era dovuto interrompere per lungo tempo, ma l’uomo sembrava sereno, per nulla toccato da quell’attesa.
“Non sei arrabbiato con me per quello che è successo?” Disse il ragazzo all’uomo.
“Per quale ragione dovrei essere arrabbiato?”
“La mia disattenzione ha rallentato il nostro cammino!”
“Chi ha mai detto che siamo di fretta? Quale dovrebbe essere il ritmo del nostro cammino se non quello della vita?”
“Maestro in questi anni ho sempre pensato che stessimo andando da qualche parte e che, il nostro proseguire oppure fermarci nei villaggi incontrati, fosse stabilito da un tuo preciso piano…. E adesso io l’ho rotto!”
“Figliolo, come potrei essere sereno se dovessi misurare ogni mio giorno con degli obbiettivi? Come potrei non cedere al mio giudizio? Come potrei non desiderare che le cose vadano in un modo diverso se pensassi che le cose debbano andare in un certo modo? Come potrei non vivere nel timore di non riuscire a procacciarci il cibo se pensassi che non mangiando potremmo morire?”
Vi fu poi un lungo silenzio… La notte aveva preso il posto del giorno, le lucciole brillavano in mezzo alla vegetazione e il vento, spirando dolcemente, suonava i rami degli arbusti che fitti contornavano la radura.
“Ascolta il suono del silenzio.” Disse allora l’Uomo.
“Solo se non pensi a ieri e a domani puoi godere dell’adesso. Solo se smetterai di farti piani, darti obbiettivi e misurare il tuo valore nel raggiungimento di essi, allora potrai godere del tuo presente e ascoltare la melodia del silenzio… Quando ero giovane pensavo che il senso della vita fosse raggiungere degli obbiettivi, vivevo nella fretta e nell’angoscia. Da bambino ho iniziato a seguire il mio maestro e per molti anni ho cercato con tutti i miei sforzi di dimostrarmi migliore. Volevo il suo apprezzamento, ne avevo bisogno per potermi anch’io apprezzare. Ho sempre pensato che per mostrare il mio valore dovessi fare qualcosa. Quando ci siamo incontrati tu stesso mi hai detto che volevi mostrare il tuo valore alla tua famiglia, ricercando fortuna e ricchezza oltre l’oceano. Tutti noi cresciamo pensando di non essere abbastanza così come siamo. I cristiani hanno male interpretato gli scritti e ritengono che tutti noi nasciamo macchiati dal peccato originale. Quanto vorrei raccontare agli uomini la storia di Dio, quanto vorrei svelare la Realtà che si cela dietro i pensieri.”
“Dimmi maestro, quale è questa Verità, cosa devo fare per mostrare il mio valore al mondo?”
“Figliolo se ti parlassi della Verità come potrebbe più essa dirsi vera? Le parole sono barattoli in cui racchiudiamo l’oceano: potrei mostrarti milioni di barattoli, pronunciare milioni di parole, ma tu non potresti sentire l’oceano, il suo profumo e la sua immensità. Per sentire l’oceano non devi far altro che recarti sulle sue sponde e stare in silenzio. Ricordi il giorno in cui ci siamo incontrati, anche allora ti consigliai di ascoltarlo. Pensi forse che l’oceano debba fare qualcosa per mostrare la sua bellezza e il suo valore? L’oceano è la sua bellezza e il suo valore. Non sforzarti di mostrare niente a nessuno, sii solo te stesso.”
“ Maestro ma io sono me stesso!”
“No figliolo, tu non sei te stesso. Tu sei solo il riflesso di te stesso, offuscato dalle tue credenze, dalla tua ignoranza e dal tuo desiderio. Tu, come ognuno su questa terra, non sei altro che l’esito inconsapevole di un incontro. Tua madre e tuo padre, amandosi, hanno dato inizio a un processo che ha portato alla formazione del tuo corpo. Sin dal momento del concepimento il tuo corpo è evoluto grazie all’interazione con l’ambiente, con quello che noi chiamiamo “altro”. Tutti i fenomeni sono espressione dello stesso processo, manifestazione di un’interazione che prevalica la consapevolezza di noi stessi. Tu, adesso, non sei altro che l’incontro del tuo corpo con il tuo ambiente. Il mondo degli uomini è un mondo scisso, diviso, in cui l’io e l’altro appartengono a poli opposti. L’interazione fra questi due poli ha dato vita a te stesso, a quello che sei adesso, a quello che pensi e provi.”
“Non è vero maestro, io posso scegliere!”
“Hai per caso scelto di sentirti in colpa per aver rallentato il nostro cammino? Hai scelto di credere che il tuo valore abbisognasse di una dimostrazione per essere svelato? Hai scelto di soffrire quando ti è giunta notizia che tua madre è morta? Hai per caso scelto di vivere dandoti degli obbiettivi e una tabella di marcia per credere di essere valido ed efficace?”
Lacrime lambivano il volto del giovane. “No maestro non ho scelto. Non ho scelto io di desiderare ricchezze per mostrare alla mia famiglia il mio valore, non ho scelto io di disprezzare la povertà del mio villaggio, non ho scelto io di seguirti nel tuo cammino… Da quando sono nato mi hanno detto che dovevo essere bravo e sgridato quando mi mostravo cattivo, inefficiente, lento. Ho sempre goduto delle carezze di mia madre quando prendevo un buon voto a scuola e ho sempre sofferto per i suoi rimproveri…”
“Non ti rammaricare per questo. Non vi è nulla di male nel riconoscersi ignoranti e ciechi. Sino ad adesso hai speso le tue energie per dimostrare qualcosa che non ha bisogno di essere dimostrato, sino ad adesso hai vissuto nell’inconsapevolezza di ciò che sei. Questo è il primo passo da compiere per poter andare verso se stessi. E questo passo lo stai compiendo tu. Potresti arrabbiarti con me per le mie parole, potresti insultarmi e andartene, smettere di percorrere questo sentiero. Invece sei qui, umilmente a chiederti se sei ciò che pensi di essere, umilmente ad accettare che la tua vita non è mai stata tua sino ad adesso.”
Un lungo silenzio seguì a queste parole. L’oscurità, di quella notte senza luna, faceva brillare il firmamento di quel bianco profondo, in cui sono racchiusi tutti i colori…
“Maestro, adesso, solo adesso, comprendo che il mondo non ha il significato che ho sempre creduto che avesse. Ogni cosa, anche questo incidente, è stato interpretato da me attraverso il vissuto della mia mente. Mi sono giudicato come “non bravo” perché sono caduto, mi sono sentito in colpa per aver rallentato il nostro viaggio. Non sono mai stato libero di vedere il mondo per quello che è. Ho sofferto per la morte di mia madre perché avevo bisogno di lei per sentirmi qualcuno. Ho creduto di arrecarti danno rompendomi una gamba perché dentro di me, inconsapevolmente, è come se dovessi mostrarmi bravo per sentirmi amato e potermi amare… ma tutto ciò non è vero. Il mio valore è in ciò che sono e da oggi non smetterò mai di osservare quelle strade obbligate che la mia mente persegue nell’interpretare il mondo.”
“Se desideri la Libertà cerca di mettere in pratica quella che lo zen chiama “non-azione”. Finché cercherai la Libertà e ti sforzerai di raggiungerla non la troverai mai. Fermati e osservati, ascoltati e chiediti perché la tua mente ti fa vedere il mondo in un certo modo. Non devi fare altro che sederti davanti all’oceano e osservarlo in silenzio. La Verità non è nelle mie parole ma nel tuo Cuore, la Libertà non è nelle tue azioni ma nella possibilità di essere te stesso. Non cercarla, accoglila osservando la tua paura, svelando a te stesso la trama dell’inganno che tessi ogni giorno.
L’unica cosa certa di questa vita è che un giorno questo corpo ci lascerà, non averne paura, non vi è nulla da temere nella morte. Chi ha paura del buio non può godere della luce delle stelle.”
“Maestro, le tue parole sono per me come un faro che mi indica la direzione, non sono la luna ma il dito che la indica. In questi anni ho imparato a comprenderne il valore e, anche se a volte ho discusso inutilmente, adesso so che esse non pretendono il mio assenso ma solo la possibilità di aprirmi a nuovi mondi. Oggi mi hai fatto comprendere che non sono stato libero di vedere questo momento per quello che è. La mia mente mi faceva vedere la mia frattura e il mio dolore come prova del mio fallimento… ma se mi osservo adesso capisco che la mia frattura non è stata prova di nulla e che il mio interpretarla parla di me. Io non mi credo abbastanza e questo ha condizionato il mio sguardo. Adesso sono libero di ringraziare il sasso che ha interrotto il mio cammino perché tutto questo, senza di lui, non sarebbe accaduto.”
“Questa è la Libertà: la possibilità di non essere solo l’esito dell’interazione, la possibilità di leggere il libro della vita per arrivare a quella luce che brilla in fondo ai nostri Cuori. Non esiste la sfortuna, il male e il destino: tutto ciò che accade è espressione di ciò che siamo, non vi è distanza fra noi e il mondo, non separazione, tutte le parole sono parte dello stesso oceano. Sta a noi abbatterci oppure riconoscere nell’avversità un nuovo insegnamento su noi stessi. Sta a noi perseguire la Libertà oppure rimanere prigionieri di noi stessi, in balia di un mondo vissuto come “altro”. Guarda oltre i tuoi occhi, comprendine il funzionamento, e ti accorgerai che luce e buio non appartengono alla Realtà ma solo al nostro particolare modo di guardarla.”
Così disse l’uomo al ragazzo nel giorno in cui esso cadde nel dirupo e si fratturò una gamba. Così queste parole furono ascoltate dal ragazzo in quella notte buia che presagiva una stupenda alba.