Non è nel fare che troveremo la stima di noi stessi.
Non è ottenendo un ruolo di prestigio oppure lavorando più degli altri che riusciremo a sentirci validi.
Non è vestendoci in un certo modo piuttosto che un altro, possedendo una certa casa o una certa macchina che potremmo mai sentirci delle persone migliori.
E poi… migliori di cosa o di chi? Perché mai l’essere migliore di qualcun altro dovrebbe farci sentire in pace con noi stessi?
Dovremmo fermarci a riflettere su quello che stiamo facendo, sulla direzione in cui stiamo andando…
Senza rendercene conto critichiamo continuamente gli altri, per come guidano, per come si vestono, per come si comportano. Senza rendercene conto paragoniamo continuamente noi stessi agli altri e traiamo da questo paragone dei giudizi che ci orientano e che orientano la visione di noi stessi.
Desideriamo affermarci e fare carriera, diventare campioni di surf o di qualche altro sport, comprare quella casa o quella macchina, quel vestito o quel telefono… oppure ci spendiamo nel lavoro come agnelli sacrificali della nostra stessa vita…
Intanto le nostre esistenze passano veloci adattandosi allo stato delle cose, facendo i conti con una frustrazione che perpetuando diviene abitudine sino a scandire quella normalità della quotidianità che siamo abituati a subire.
Sentiamo di non essere Sereni, ma ci raccontiamo che la Serenità è solo l’illusione di un bambino.
Ci diciamo, anzi, siamo fermamente convinti dalla maturità raggiunta, che la Serenità sia il sapersi accontentare, oppure il perseguire ogni desiderio senza pensare al domani perché si vive solo oggi… ma nessuno si pone la questione del “perché desidero” una cosa piuttosto che un’altra.
Inseguiamo tutti quello che ci fa star bene ma poche volte ci chiediamo se, quello che ci fa star bene al momento, sia ciò che può farci realmente essere Sereni.
Abbiamo compreso che mangiare troppa carne e avere un’alimentazione satura di grassi, in questa parte del mondo, non è predittrice di buona salute. Dopo la guerra però il mangiare carne divenne indicatore di ricchezza e di benessere, visto anche il periodo dal quale si usciva. Abbiamo costruito case in amianto, centrali che sono esplose, bombe per ucciderci, abbiamo fatto fallire banche mandando sul lastrico i risparmiatori, stupriamo e uccidiamo, alleviamo animali come se fossero cose, produciamo scarti che stanno inquinando l’acqua e il cibo che mangiamo.
Tutto in nome del benessere.
Eppure stiamo male, continuiamo a vivere ansie e paure, a farci del male vicendevolmente, a sopraffarci, a non essere Sereni nelle nostre vite, qualunque esse siano.
Siamo tutti in lotta per sentirci validi e amabili, per affermarci nel mondo e vivere un’esistenza soddisfacente, per dare un senso alla nostra vita, anche quando non lo troviamo.
Ma non sara mai quello che facciamo a renderci degli esseri umani migliori. Dovremo allora forse smetterla di fare, di perseguire desideri, di spendere la nostra vita per un ruolo… anche solo per sentirci qualcuno?
Il problema non trova mai la sua soluzione sulla sponda opposta del fiume, essa non è che un riflesso della stessa riva nelle limpide acque che perenni scorrono.
Quello in cui potremmo trovare una consistente stima di noi stessi è ciò che siamo, che non dipende da ciò che facciamo o non facciamo, dai desideri che soddisfiamo, dai ruoli che ricopriamo o dalle cose che possediamo. Il nostro problema è che siamo abituati ad associare la nostra identità a tutte queste cose. Siamo abituati a credere che noi siamo ciò che facciamo, ciò che possediamo, la nostra apparenza corporea… e cerchiamo, paragonandoci agli altri, di sentirci migliori. In altri casi o momenti ci spendiamo per inseguire un modello di noi stessi che, a volte inconsapevolmente, rappresenta ciò che vorremmo essere per sentirci adeguati.
Il problema è che noi non siamo i nostri desideri, comportamenti, ruoli o oggetti. Essi non sono espressione di noi stessi e noi non siamo i sudditi che devono sottostare al loro volere. Se cerchiamo la stima di noi stessi nel “luogo” sbagliato non la troveremo mai, rischiamo solo di diventare dipendenti dalle cose che ci contornano e definiscono, così da sentirci a disagio se esse non sono come desideriamo.
Viviamo l’inganno di una realtà concreta e materiale che ci rimandano i nostri occhi, diamo valore alle cose e cerchiamo in esse il nostro valore.
Eppure l’unica cosa che conta e che non cambia, e mai è cambiata, è che siamo Esseri Umani. In ogni sperduto angolo della terra, in ogni epoca e in ogni cultura, il bambino viene al mondo piangendo e cerca la madre, o chi per lei. Non vi è luogo in cui un Essere Umano non evolva ergendosi dalla terra della sua cultura e prendendo da essa la sua unicità.
Tutti noi siamo Esseri Umani. Ciò che conta non è quello che facciamo o non facciamo, ciò che conta è ciò che siamo e quanto vicino ad esso si spinge il nostro ardire.
Conoscersi, imparando dalla vita, richiede un grande sforzo, ancora di più in una cultura permeata dall’inganno della materialità della realtà.
Conoscersi richiede interrogarsi, accettare, mettere in discussione e, infine, agire. Richiede apprendere un modo di guardare, a sé e al mondo, che non ci viene facilmente insegnato. Richiede poter fare i conti con le proprie paure, difficoltà, con il proprio “credersi” profondo e come esso influenzi il nostro agire, desiderare, pensare.
E non basta guardare, bisogna permettersi di viverlo e, infine, permettersi di sfidarlo sfidandosi, assumendosi la responsabilità di se stessi perché, o ci aiutiamo noi, o nessun altro potrà farlo per noi.
E’ solo quando accettiamo questa missione nella nostra vita, il comprendere noi stessi, che ci apriamo alla possibilità di essere noi stessi.
Ed è allora che i nostri pensieri e comportamenti potranno dirsi espressione di ciò che siamo veramente, non più attaccati alla finalità dell’azione ma all’essere da cui scaturisce. Non è importante raggiungere un determinato ruolo, possedere o no una certa casa o macchina. Essere se stessi ci permette di agire senza dare importanza al fine dell’azione perché l’azione stessa non diviene più il mezzo per il raggiungimento di qualcosa, ma semplice espressione di ciò che si è. E’ così che spesso, senza volerlo, ci si ritrova a possedere cose e a ricoprire ruoli, nella consapevolezza che essi non sono per nulla necessari al fine di potersi dire qualcuno. Non è ciò che facciamo o non facciamo ma quanto quello che facciamo o no sia espressione di noi stessi che può renderci le persone Serene che siamo e ci meritiamo di essere.
Non dobbiamo chiederci se siamo meglio o no di altri, non dobbiamo cercare di raggiungere un certo ideale… Dobbiamo chiederci chi siamo ed essere pronti a tutto per scoprirlo e per esserlo, tenendo a mente che non sarà il soddisfacimento del desiderio a renderci felici ma il poter trovare la fonte da cui scaturisce la vita: ciò che siamo.